...dagli inizi al 1974
Tratto da "In Alto" pubblicazione della Società Alpina Friulana 1974
Nella serena pace di una sera di fine aprile del 1949, urla laceranti di aiuto rimbombano sinistramente nella paradisiaca valle dei laghi di Fusine e le pareti circostanti fanno eco al tragico richiamo. "L' S.O.S. della montagna per quell'innato spirito di solidarietà umana mette un brivido di terrore nel cuore di ogni alpinista, anche nel meno sensibile ", come diceva Tita Piaz, "e l'invocazione quando si succede ad intervalli sempre più brevi ti annuncia la catastrofe imminente, spesso l'esecuzione inesorabile di una sentenza di morte....".
Il grido di aiuto si ripete ad intervalli regolari, rotola già per la valle, si espande per il bosco e s'insinua fra le fessure dei legni di una capanna dove dei boscaioli, dopo una dura giornata di lavoro, stanno godendo un meritato riposo. Il richiamo che giunge incerto all'interno della capanna, si fa più distinto all'esterno ed è possibile anche localizzarlo con una certa approssimazione: proviene dalle pareti del Piccolo Mangart o dalla Strugova. Comunque è in alto, sulle rocce, dove loro,anche se ottimi montanari, non possono arrivarci, ma sanno che devono fare qualcosa anche perchè quel grido diventa per loro una vera ossessione. Il percorso a piedi fino ai Carabinieri di Fusine è lungo; anche se il maratoneta ha battuto un record che nessuno ha cronometrato. Anche i Carabinieri sono svegliati di soprassalto, ma non serve nulla perchè neppure loro ci sanno fare con le pareti rocciose e solo all'alba qualcuno rammenta a loro che a Cave del Predil, da meno di un anno, si è formato un gruppo di giovani rocciatori. Forse troppo giovani, sopratutto come esperienze e questa, in materia di soccorso, era la prima, ma quei giovanotti avevano già il cuore del soccorritore, quel cuore che a 25 anni di distanza batte ancora e con maggior sensibilità !
Lo sventurato incrodato sulla parete fra lo Strugova e la Sella Sagherza era uno sloveno che fuggiva dalla sua Patria per ragioni politiche. Il primo di una lunga serie che hanno tenuto impegnati per anni i giovani rocciatori di Cave. Nel frattempo sono iniziate anche le chiamate di soccorso per alpinisti infortunati in montagna, nacque cos“ la prima squadra di Soccorso Alpino della Regione. Ma anche nella nostra regione il soccorso in montagna è certamente nato il giorno in cui la prima persona si è trovata in pericolo sulla montagna ed i valligiani, per quello spirito innato di solidarietà umana che li distingue, sono corsi a portarla in salvo.
Storicamente il primo cenno di organizzazione risale al 1931, quando in campo nazionale il Club Alpino Italiano impose alle Guide e ai Portatori l'obbligo di accorrere immediatamente in soccorso delle persone in pericolo, ma non diatribu““ alcuna attrezzatura, nè stanziò alcun fondo per questo scopo. Nel Friuli Venezia Giulia le Guide ed i Portatori alpini sono sempre stati in numero piuttosto limitato per cui il soccorso alpino è stato svolto essenzialmente da volontari che, peraltro, trovarono molta comprensione da parte di privati e di enti sociali. Già nel 1931 la famiglia Guido Pellitzer di Trieste, al fine di organizzare i soccorsi in montagna, destinava un congruo lascito ed in breve volgere di tempo venivano istituiti 4 posti di soccorso alpino muniti delle necessarie attrezzature di recupero e di razioni alimentari racchiuse in apposite confezioni zincate. La Val Trenta, la Val Lepegna, la Val Saisera e Cave del Predil vengono, con questa iniziativa, perfettamente inquadrate negli schemi del soccorso in montagna. Con le vicende dell'ultimo conflitto mondiale, il fondo finanziario ed i materiali andarono dispersi.
Quando nel dopoguerra riecheggiò nuovamente il grido di aiuto sulla montagna, i nuovi soccorritori si trovarono completamente sprovveduto di ogni tecnica di soccorso e soprattutto di attrezzature adeguate. Al rientro da ogni operazione di soccorso il bilancio era disastroso: uomini esausti dalla fatica, giornate di lavoro perdute, materiale alpinistico inservibile. Con le lacrime agli occhi un soccorritore mostrò la sua corda strappata mormorando : "Era la mia prima corda ed era costata mesi e mesi di rinunce". In seguito, ad agevolare un pò la situazione, intervennero la Sezione Monte Lussari del C.A.I. ed il Comune di Tarvisio: la prima con forniture di materiali alpinistici ed il secondo con uno stanziamento annuo di 50.000 lire. Aiuti modesti, date le esigenze, ma quanto mai apprezzati.
Nel 1954 nacque ufficialmente il Corpo Nazionale di Soccorso Alpino e nel suo piano organizzativo la nostra Regione venne inquadrata come " I^ Zona" e Cave del Predil ne costituiva la prima Stazione.
Si è subito sperato in un tangibile aiuto, ma purtroppo il Corpo Nazionale Soccorso Alpino è nato povero, giacchò, il Club Apino Italiano che lo ha promosso, non è mai stato in grado di sovvenzionare una così vasta e complessa organizzazione. Le attrezzature fornite in un primo tempo alla Stazione di Cave del Predil erano talmente modeste che in una difficile operazione di soccorso nella zona del Mangart, si rese necessaria la richiesta di aiuto alle ben attrezzate squadre slovene. Va subito comunque sottolineato che il C.A.I. passò subito a stipulare una assicurazione che copre ogni rischio per tutti gli iscritti al Soccorso Alpino durante le azioni di soccorso.In secondo tempo, visto il ripetersi di incidenti in tutta la zona alpina della Regione, vennero costituite altre 2 Stazioni, sorsero così quella di Forni di Sopra nel 1955 e quella di Trieste nel 1956. Quest' ultima poteva contare anche su alcune Squadre di primo intervento residenti a: Moggio Udinese, Udine, Maniago e Pordenone. Per l'acquisto di materiali delle nuove Stazioni, ci si avvalse di aiuti privati, che non riuscirono a coprire le spese di una completa attrezzatura, cosicchè nelle azioni di soccorso era sempre presente parte del materiale alpinistico personale. Nel 1960 venne costituita la Stazione di Forni Avoltri che, con la sua Squadra di Paularo e della Val Pesarina è destinata ad operare in tutta la Carnia nord-occidentale.
Solo nel 1965 il Soccorso Alpino Regionale prende un assetto definitivo e conforme alle esigenze pratiche.
Tutto il territorio montano della Regione viene suddiviso in 7 Zone, ognuna delle quali é controllata da una Stazione :
la Zona 1 comprende le Alpi Giulie e l'alto bacino del fiume Fella é controllata dalla Stazione di Cave del Predil che, bacino del Tagliamento e del Lumiei, é controllata dalla Stazione di Forni di Sopra la quale dispone di 3 gruppi staccati: Forni di Sopra, Sauris e Ampezzo; la Zona 4 è delimitata dal fiume Tagliamento a est, dal confine col Bellunese a ovest, a nord della spartiacque fra il Tagliamento ed i torrenti Arzino-Meduna e Cellina; questa vasta zona è controllata dalla Stazione di Pordenone-Maniago che, oltre ai due gruppi residenti nelle cittadine citate, dispone pure di 2 gruppi: Cimolais e Claut; la Zona 5 comprende i bacini dei torrenti Pontebbana, Aupa e Resia è controllata dalla Stazione di Moggio Udinese; la Zona 6 comprende tutte le Prealpi comprese tra il Tagliamento e l' Isonzo, è controllata dalla Stazione di Udine; la Zona 7 comprende la zona del Carso ed è controllata dalla Stazione di Trieste la quale, disponendo di uomini molto preparati, può essere chiamata, in caso di necessità, in appoggio alle altre Stazioni. Esiste pure una Stazione di Soccorso Speleologico che ha sede a Trieste, la quale unitamente alle Squadre di Gorizia e di Udine, tiene sotto controllo tutte le cavità sotterranee regionali. Mentre la Sezione Speleologica dipende dalla Delegazione Nazionale, le Stazioni di Soccorso Alpino fanno capo alla Delegazione di Tolmezzo.
A completare l'opera dei soccorritori in montagna non potevano mancare anche da noi, gli elicotteri. Gia nel 1961 è stato chiamato un elicottero della base americana di Aviano, ed interveniva sul Monte Duranno per il Trasporto di un ferito in gravissime condizioni. Agli stessi americani viene chiesto aiuto ancora nel 1969 e ben 4 volte nel 1970. Nel contempo si costituiva a Casarsa il V¡ Reparto Elicotteri Uso Generale, appartenenti al V¡ Corpo d'Armata. Il Comando ha subito compreo la nostra urgenza ed ha messo a disposizione un apparecchio per ogni nostra necessità. Gli ufficiali e sottufficiali del V¡ RUEG a contatto con gli uomini del Soccorso Alpino sono rimasti contaminati e ben 15 di loro hanno sposato la nostra causa, iscrivendosi regolarmente al Soccorso Alpino, partecipando pure, in abiti civili, ai nostri corsi di addestramento. L'impiego degli elicotteri nel soccorso in montagna si è dimostrato estremamente utile. Infatti, nel volgere di pochi minuti, uno di questi mezzi straordinari in grado di portare una squadra di 6 uomini perfettamente equipaggiata, dal fondo di una valle fino in prossimità dell'infortunato, risparmiando ai soccorritori delle estenuanti marce di avvicinamento.
Queste in succinto, le tappe compiute dalla Delegazione di I^ Zona del Corpo Nazionale Soccorso Alpino nei suoi primi 20 anni di vita, non la storia, questa è molto lunga e complessa in quanto ogni intervento è un dramma grande o piccolo ma sempre un dramma, queste cose non si raccontano e non si scrivono, è un segreto che ogni uomo del Soccorso Alpino custodisce gelosamente nel proprio cuore, quel cuore che lo ha spinto ad arrischiare la propria vita per salvarne un' altra..
Cirillo Floreanini -1974-